Il sale alza la pressione? Non sul lungo termine

Complici diete disastrose spacciate per sane in tv, e un copia incolla costante di alcune raccomandazioni dei medici estremizzate e spacciate per leggi universali, le persone hanno paura del sale. Questo nonostante la sua importanza per la vita, non solo umana, esattamente come il glucosio. Se già si sapeva che il sale nel lungo termine non solo non alza la pressione e non contribuisce alla cellulite e al peggioramento della salute cardiovascolare, ma che è anzi un alleato del metabolismo (leggi questo articolo sul sale dove sono citati i precedenti studi), adesso un nuovo studio di coorte, basato su un campione di oltre 2600 persone il cui consumo di sale è stato monitorato per 16 anni, sfata per l’ennesima volta il mito che il sale alzi la pressione sul lungo termine. Cosa vuol dire, sul lungo termine?

Che il consumo di sale non fa diventare ipertesi negli anni. Che chi consumava meno delle dosi giornaliere raccomandate aveva l’ipertensione esattamente come chi mangiava il doppio del sale. Che le persone che temono l’ipertensione dovrebbero focalizzarsi non sulla riduzione del sale, ma sul consumo di cibi con più potassio (che a sua volta regola il sodio nel sangue), magnesio e calcio, assumendo abbastanza sale per avere un bilanciamento ottimale di questi minerali.
Questo si ottiene mangiando frutta, verdura e noci.

Già il Lancet qualche anno fa aveva sottolineato che le persone che facevano una dieta iposodica avevano un maggiore rischio di mortalità per tutte le cause, basandosi su un campione di studio di oltre undicimila soggetti. Il quantitativo ottimale di sodio dovrebbe essere tra i 3 grammi giornalieri. Tre grammi di sodio sono molto più di un cucchiaino di sale, e, anche tenendo conto dell’apporto di sale nei cibi, significa poter essere liberi di aggiungere sale nell’acqua della pasta, non doversi preoccupare del sale nel pane, poter condire i piatti con un pizzico di sale senza colpe.
Chi usa il sale integrare, può abbondare un po’ rispetto al sale normale, perché il sodio contenuto è minore.
Gli esperti dell’AHA, American Heart Association, non fanno un passo indietro, e rispondono che lo studio non è sufficiente a chiedere una revisione delle attuali linee guida. 

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