Vuoi dimagrire? Allora niente olio di palma

palm-oilPersonalmente sono contraria a creare delle paranoie sui cibi e detesto le demonizzazioni: tuttavia, se c’è qualcosa che ha notevolmente migliorato il mio metabolismo e la mia salute, quella cosa è stata la decisione di escludere alcuni cibi dalla mia dieta. Pochi, pochissimi. Tra cui l’olio di palma. Ora, solo alcuni tra di voi conoscono la diffusione capillare dell’olio di palma nell’industria alimentare, dalla più grande alla più piccola, mentre la maggior parte di voi la ignora. L’olio di palma è l’olio più diffuso nell’industria alimentare, ci sta su tutto: dalle creme spalmabili ai biscotti alle merendine ai prodotti da forno, alle salse, ai condimenti, alle zuppe, ai sottoli in “olio di semi” fino ai surgelati, l’olio di palma è ovunque. Il motivo è semplice: l’olio di palma utilizzato nelle industrie è un tipo raffinato, quasi insapore, molto economico. Esistono 4 tipi di olio di palma: un olio di palma derivato dalla spremitura del seme del frutto, detto palmisto; un olio di palma derivato dalla prima spremitura della polpa del frutto, molto caro e nutrizionalmente di alta qualità (olio di palma rosso, ricco in carotene, dalla potente azione antiossidante, considerato uno degli olii più salutari al mondo); un terzo olio di palma derivato dal primo, raffinatissimo e chiamato bifrazionato; un quarto olio di palma derivato dal secondo. Il che è curioso: le differenze tra l’olio di palma rosso e il palmisto sono un po’ come quelle tra olio extra vergine di oliva e olio di sansa. Ma l’olio di palma che si usa nella quasi totalità dei prodotti industriali è il parente povero e raffinato: quando è vero olio di palma, ha subito talmente tanti processi di raffinazione da essere diventato giallino o bianco. Ma spesso l’olio davvero usato è la versione raffinata del palmisto. Per cui noi, mangiando prodotti alimentari industriali con olio di palma bifrazionato o peggio ancora palmisto, consumiamo alte qualità di un olio scadentissimo. Quali sono le conseguenze?
Ve ne cito alcune: l’olio di palma “commerciale” è stato correlato allo sviluppo di infiammazione, impoverimento della flora batterica intestinale, malattie cardiovascolari, ipercolesterolemia, insulino resistenza, intossicazione, obesità, diabete. E’ come se mangiassimo vernice.
Come se non bastasse, mentre l’olio di palma rosso è un lusso per ricchi, l’olio di palma commerciale, che sia bifrazionato o palmisto, quindi di semi di palma,  è conveniente anche per il panificio sotto casa: non è l’industria supercattivona a usarlo, ma anche il biscottificio all’angolo.
Solo che in questo caso le etichette sono più ingenue: raramente troverete scritto “olio di palma” ma “olio vegetale”. E quando si tratta di palmisto, è olio di palma comunque.
E la ristorazione? L’olio per le fritture che mangiate in pizzeria, al pub o persino al ristorante, è olio di palma bifrazionato e raffinato.
Le patatine? Fritte in quell’olio lì. Che, assieme all’olio di soia, l’olio di semi di girasole e arachidi, l’olio di semi di mais, è quanto di peggio possiamo assumere per il nostro metabolismo.
Mentre l’olio di palma rosso è praticamente introvabile nei supermercati, tutti friggono e cucinano con olii simili.
A tutto questo si aggiunge un dato inquietante: la deforestazione e la distruzione dell’habitat di molte specie animali per dare spazio alla crescente richiesta di olio di palma nell’industria alimentare.

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