Di cosa parliamo quando parliamo di chimica

assorted-biscuitsOggi mi sono letta l’ennesimo chimico che, atteggiandosi a novello Sheldon Cooper, scredita una food blogger che da parte sua, dice fondamentalmente quello che spesso ho scritto anche io in questo blog: che l’eccesso di prodotti industriali nella nostra alimentazione ci fa male, e ci sta facendo ingrassare, o quanto meno è tra le cause conclamate di obesità. In sostanza, il chimico dice che la chimica è in ogni cosa che mangiamo e che quindi, quando una blogger parla di “eliminare la chimica dagli alimenti” o “fare attenzione alla chimica negli alimenti” o “fare attenzione ai prodotti industriali” fa una semplificazione, dato che, per esempio, anche l’aceto o il bicarbonato di sodio si possono tradurre in formule chimiche. E qualsiasi cosa in elevate quantità è tossica. Per esempio l’acqua. Bere troppa acqua causa avvelenamento. Il problema di questo chimico, così come di altre persone che fanno i brillanti cercando di ribadire l’ovvio, è che anche tacciare qualsiasi cosa di buon senso come “pseudoscienza” ha fatto il suo tempo. Il buon senso è il buon senso e con la scienza non c’entra nulla. Se io vi scrivo di evitare di comprare merendine con liste di ingredienti lunghe un chilometro o in generale di evitare la “chimica” nel piatto, so che vi sto dicendo due cose chiare e semplici e e so che scrivendole così voi le capirete esattamente nello stesso modo generico ma efficace in cui le volevo intendere. Ovvero, per chimica: tutti gli additivi, i conservanti, i coloranti artificiali, gli addensanti, i fosfati e quegli agenti chimici che sono in generale solo additivi, ovvero non aggiungono nulla al prodotto in sé, ma vengono usati allo scopo di rendere il prodotto più appetibile (consistenza, fragranza e tutte quelle caratteristiche che rendono il prodotto più attraente dal punto di vista organolettico), “più dopante” (non mi sazia mai) e per rimandarne la scadenza. E per liste di ingredienti lunghe un chilometro intendo il lapalissiano: liste di ingredienti lunghe un chilometro.
Non c’è bisogno del cuoco stellato per sapere che un frollino è un biscotto di frolla, che le nostre nonne sapevano fare in casa (ma anche molte altre donne ora) e che in generale contiene: farina, zucchero, burro, uova, aromi (per esempio scorza di limone). Mettiamo anche che ci aggiungi un lievito (nella frolla non sempre ci sta). Sarebbe farina + zucchero + burro + uova + aromi + lievito. Vogliamo aggiungerci un pizzichino di sale? E sia. In tutto sono sette ingredienti.
Vediamo ora gli ingredienti di un frollino della più nota marca di biscotti italiani:
Farina di frumento, zucchero, grasso vegetale di palma, uova fresche 5%, agenti lievitanti (carbonato acido di sodio, carbonato acido d’ammonio, tartrato monopotassico), latte intero fresco pastorizzato, sciroppo di glucosio, sale, proteine del latte, miele.
Io conto dodici ingredienti. Il burro è stato sostituito con l’olio di palma, anzi, con il grasso vegetale di palma, indicazione fuorviante. Ora, non c’è bisogno di un chimico per andare a cercare su internet gli effetti dell’olio di palma sulla nostra salute cardiovascolare e in particolare sul colesterolo. Non voglio fare una crociata sull’olio di palma, ma Ray Peat, endocrinologo di fama mondiale, la fa molto bene al posto mio. Perché l’olio di palma è messo al posto del burro? Perché costa meno.
Vogliamo parlare dello sciroppo di glucosio? Come vedete non sostituisce lo zucchero nella ricetta, ma si aggiunge allo zucchero nella ricetta. Ah, e come non bastasse c’è il miele, il terzo zucchero. Possiamo dire che alcuni di questi ingredienti sono, come dire, in eccesso rispetto alla ricetta originale? Possiamo dire che alcuni di questi ingredienti che noi non conosciamo bene e che “nostra nonna non riconoscerebbe come cibo”, il grasso vegetale di palma o lo sciroppo di glucosio, sono dannosi per la salute? Sì. Quindi quando si parla di “chimica” in modo generico o di liste di ingredienti “eccessive, lunghe e con nomi sconosciuti”, anziché puntare il dito contro l’improprietà di linguaggio, non si può più terra terra capire che si sta parlando di ingredienti che non conosciamo neanche e di etichette fuorvianti, per cui non sappiamo letteralmente più cosa mettiamo in bocca? Sì, dai, sì. Fatelo questo sforzo, anziché ribadire che una caloria vuota non esiste perché una caloria non è né piena né vuota (ma va’?). Sono laureata anche io, ho lavorato nelle redazioni scientifiche e sono pignola in molte cose nella vita, ma fare le pulci ai discorsi di buon senso non mi renderà più intelligente. E quando andiamo al supermercato, sarebbe meglio farsi guidare da questo buon senso.
Oppure avere un chimico per figlia o marito.