Dieta con pochi grassi e tumore al seno?

Oggi voglio parlarvi di uno studio che ha collegato una dieta ricca di grassi con una minore possibilità di sopravvivenza nelle donne dopo la menopausa. Ne voglio parlare su Dcomedieta per due motivi, vincendo la mia ritrosia a parlarvi di studi che collegano l’alimentazione al cancro.

Il primo motivo è che lo studio, condotto su due campioni abbastanza importanti in numero della popolazione femminile (poco meno di cinquantamila donne dai 50 ai 79 anni), è stato condotto per circa otto anni di fila. Inoltre perché i dati raccolti non sono venuti fuori da un questionario, ma dividendo il gruppo di donne in due campioni e fornendo loro due strategie dietetiche diverse: una dieta a basso contenuto di grassi e più alto contenuto di carboidrati per mezzo di un maggior consumo di frutta, verdura e cereali (grassi mantenuti al 20% del fabbisogno calorico giornaliero totale) contro una dieta normale.
Il campione in partenza era costituito da donne sane che facevano regolare prevenzione per mezzo di ecografie o mammografie. 
Cosa dice lo studio? Che le donne che hanno seguito una dieta a minore contenuto di grassi sono sopravvissute al tumore al seno meglio di quelle che hanno mangiato grassi più o meno nella norma.

Peccato che l’associazione tra alimentazione e tumori anche in questo caso sia totalmente inconcludente. 
Come nella maggior parte degli studi che riguardano dieta e cancro. Studi che offrono dati di mera osservazione, e che non riescono mai a stabilire un nesso di causa. Infatti, nonostante i due punti a favore (grande campione e studio a lungo termine) i risultati non possono essere letti come a favore di una dieta a basso contenuto di grassi. I motivi:
– i sottogruppi non sono omogenei: il campione di donne che ha seguito la dieta low fat era di 19 mila soggetti sani; di cui alcuni di essi hanno avuto negli anni dello studio un tumore alla mammella; il campione che non ha seguito la dieta low-fat era molto superiore, circa 30 mila soggetti.
– la differenza statistica di sopravvivenza al tumore è di 4 punti percentuali: l’82 per cento di tasso di sopravvivenza nel primo gruppo contro il 78% di tasso di sopravvivenza del secondo gruppo. Una variazione che per questi numeri sembra essere frutto del caso nelle sue oscillazioni; se poi consideriamo che il secondo gruppo è molto più vasto del primo (non dico il doppio ma quasi), la differenza di sopravvivenza diventa ancora meno significativa.
Quello che io mi chiedo è: che senso ha uno studio simile?

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