Falso in bilancia: il nuovo libro di Selvaggia Lucarelli

Amore per il cibo, non propriamente per la cucina e i fornelli, quanto il risultato di una fame atavica e conflittuale perché mangiare molto ed essere magrissime è il sogno di molte ma la realtà di pochissime golose.

E il libro di Selvaggia Lucarelli sembra proprio affrontare “di pancia” un dilemma morale: mangiare e godersi il cibo o pensare alla dieta dimagrante e soffrire la fame? Cosa è meglio?
Essere felici con qualche chilo di troppo o essere magre ma con il frigorifero vuoto a parte le verdure, dunque infelici?

Non esiste una risposta per tutti, ovviamente.

Né Selvaggia Lucarelli ha l’ambizione di volerla dare, ma solo raccontare la sua storia nel libro “Falso in bilancia” (Rizzoli).
Lo fa in modo estremamente divertente, ma ci regala degli spunti di riflessione molto interessanti, per esempio sulla body image e body positivity, cioè imparare ad accettare il proprio corpo, indipendentemente dalla taglia.

Selvaggia ha il coraggio di dire che si piacerebbe senza dubbio più magra, ma che ci sono momenti nella vita in cui tocca fare pace anche con un corpo più morbido e che alla fine va bene così.

Che vorrebbe vedersi in forma e ha provato le diete più disparate pur di entrare in una taglia più piccola come tantissime altre donne: ma che, d’altra parte, i momenti in cui aveva disinteresse per il cibo coincidevano anche con quelli più solitari, infelici.

Il nuovo libro di Selvaggia Lucarelli, insomma, partendo dalle esperienze personali dell’autrice, raccontate in modo scorrevole e con grande ironia, ha il pregio di non volere condannare né la voglia di magrezza perché ci si vede meglio da magre né la fame e il piacere del cibo.

Una cosa mi ha colpito leggendo il libro. E questa cosa riguarda proprio la fame.

FALSO IN BILANCIA: AVERE SEMPRE FAME E’ DAVVERO UNA MALEDIZIONE?

Leggiamo da subito che essere affamati è per l’autrice una specie di maledizione divina.
Forse perché ci sono passata con la bulimia, e davvero c’è stato un momento nella vita  in cui ho pensato di essere nata con una fame più grande e mostruosa di tutte le persone che avevo mai incontrato.
Salvo poi scoprire che moltissime persone, tra cui la stessa autrice, pensano questo della loro fame.

Combattiamo tutta la vita con questa fame, ma se abbiamo una colpa, non è quella di cederle, bensì di non averla capita abbastanza.

Di avere provato a contenerla, quando la fame è in realtà un sintomo.
Non è una maledizione, è una condizione semmai.

Più facciamo diete restrittive, più avremo fame.
Più pensiamo al cibo come peccato di gola, più avremo fame.
Se, quando mangiamo, pensiamo alle calorie, ai grassi, agli zuccheri, e a come questo si tramuterà in chili, avremo fame.
Ma se dormiamo poco per anni, non ci verrebbe di considerarci strane se durante il giorno abbiamo sonno.
La stessa cosa dobbiamo pensarla per la fame. La fame è una necessità.

Aggiungete che nell’immaginario collettivo la donna deve avere meno fame dell’uomo.
Quando in realtà, biologicamente parlando, è anche normale che sia il contrario. Eppure siamo spinte a pensare che la donna debba mangiare come un uccellino. Che sia indecente divorare la stessa quantità di cibo del proprio cavaliere a una cena galante.
O dirgli, dopo cena: a me il dolce va. E di brutto pure.

COSA PUO’ DIRCI LA FAME DI NOI

In genere la fame non è come molti credono, voglia di riempirsi la pancia.
O non si spiega perché sentiamo il bisogno di mangiare anche a pancia piena.

La fame può essere la risposta a tantissime cose: chi per esempio è ipotiroideo ha più fame di uno con la tiroide a posto. Il motivo? Il corpo non riesce ad assorbire bene i nutrienti dal cibo a livello intestinale, spesso non li digerisce per carenza di acido cloridrico (ipocloridria).
Altri esempi? Cibi industriali (qui), stress quotidiano, interferenti endocrini (qui). Tre cose che influenzano la nostra fame.

Vi faccio un ennesimo esempio. Sapete che nella vostra fame, soprattutto se vi sembra di essere nati così, molto affamati, c’entrano moltissimo la fase di svezzamento, le condizioni di nascita, le condizioni della gravidanza delle vostre mamme?
I bambini che vengono svezzati troppo rapidamente, con pasti meno frequenti delle loro necessità, si trasformano in adulti affamati come si legge qui. Stessa cosa per quelli che nascono in un ambiente in cui il cibo è già visto come un problema.

Io come molti di voi sanno ero una bambina grassa. Non grassottella. Grassa. Grassa non è un termine dispregiativo: è il contrario di magra.

Iniziai a ingrassare a nove anni, e a undici ero più di 30 chili sovrappeso.
Mia madre dava a me la responsabilità di quei chili. Mi portava dai medici già dando la sua versione dei fatti.
Per me ci sono voluti ben 30 anni per capire che no, non era il  cibo ad avermi reso grassa, ma uno squilibrio ormonale. In casa non avevamo merendine né patatine, gelati, creme. Fuori non esistevano fast food e le scuole non avevano macchinette di snack.

Avevo rush cutanei, linfonodi ingrossati, perdevo i capelli, e ho avuto il ciclo a neanche dieci anni. Ma, forse perché di ormoni all’epoca si parlava poco, forse perché mia madre partiva in quarta con la storia che mangiavo chissà cosa, nessun medico è sembrato preoccuparsene.

Nel capitolo “Dovresti dimagrire un po'” del libro della Lucarelli, leggiamo una interferenza significativa degli adulti nella vita e nel corpo di una bambina. E la presa di coscienza di questa bambina che sembra pensare: devo dimagrire.


Conoscere dunque se stessi, al di là degli slogan, e il nostro ambiente, la nostra storia, è il modo migliore per capire la nostra fame.

Il libro di Selvaggia Lucarelli può essere uno spunto utilissimo per capire che non siamo sole nell’eterna lotta alla bilancia.
Ma poi facciamo il salto successivo. Proviamo cioè a conoscere davvero il nostro corpo e i suoi bisogni.
Un viaggio senza dubbio lungo, ma spesso più valido delle soluzioni rapide e soprattutto un viaggio solo nostro.

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