Fame chimica: perché mangiamo troppo?

Perché oggi siamo mediamente più grassi dei nostri predecessori?
Risposta: perché mangiamo di più e ci muoviamo di meno.
Ma perché mangiamo di più? Perché la nostra dieta occidentale si basa di più sulla soddisfazione della fame chimica che in risposta alla nostra fame reale. Oggi vi spiego come nasce la fame chimica, la fame nervosa, l’impulso a mangiare smodatamente e senza accorgercene.

Secondo  il dottor Stephane Guyenet, neurobiologo e ricercatore su temi correlati all’obesità, le ragioni si trovano nel cervello umano, una vera e propria stazione di comando che risponde agli impulsi esterni (ambientali) con degli impulsi interni: non solo questo grado di adattamento con l’ambiente è attuato allo scopo di sopravvivere, ma anche la fisiologia e il comportamento dipendono dal nostro cervello. Per esempio il cervello si adatta alle risposte ambientali, regola il nostro metabolismo energetico interno in base a quelle, il nostro metabolismo digestivo e di conseguenza il nostro modo di mangiare.

Pensate a quando fa freddo: la temperatura (fattore esterno) determina un cambiamento metabolico che produca maggiore calore nel corpo (fattore interno, in questo caso di regolazione termogenica), e l’insieme di queste informazioni vengono filtrate ed elaborate per scegliere il giusto comportamento alimentare: mangiare cose calde, ma anche più caloriche, allo scopo di riscaldarci.
In base a quale meccanismo gli impulsi esterni e quelli interni incidono sul nostro modo di mangiare e ci fanno ingrassare?
Una volta registrati gli impulsi esterni, una parte del nostro cervello rilascia delle sostanze (mediatori chimici) che influenzeranno tra le altre cose il nostro modo di mangiare, determinando delle azioni precise.

Per esempio, rilascia dopamina. La quale ha un ruolo fondamentale nello spingerci a scegliere il cibo come mezzo di conforto/premio (reward): per esempio, il fidanzato mi molla e mi strafoco di gelato mentre ululo alla luna e guardo per la centesima volta Bridget Jones;
il capo mi spara un cazziatone e mi strafoco di pizza e patatine assieme al vino per tirarmi su;
mi arriva una importante proposta di lavoro e sono felice e mi dico, massì, oggi si mangia fuori per festeggiare!
Possiamo dire che gelato, pizza e cena fuori siano strategie utili a nutrirci?
No, sono comportamenti alimentari che derivano da come il cervello reagisce all’ambiente. Più siamo frustrati, incazzosi, emotivi, competitivi, eccetera, più queste strategie di compensazione non dovrebbero esserci nuove. Ma cosa accade dopo?

La nostra fame “chimica” è indirizzata a cibi che ancestralmente il corpo cerca come un extra energetico: cibi amidacei, cibi con glutammato (gusto umami, in genere formaggi e prodotti con glutammato monosodico rientrano in questa categoria), cibi ricchi di zuccheri semplici, cibi ricchi di sale e cibi densi di calorie (burro d’arachidi), cibi non amari (dunque dolci o salati). Insomma, qualcosa che secondo il corpo può dare quella sostanza extra di cui abbiamo bisogno per riequilibrare l’effetto del mondo esterno su di noi ma anche l’effetto in generale di questi mediatori chimici. (SEGUE A PAGINA DUE)


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