La rivoluzione nel piatto di Sabrina Giannini: il libro choc

LA RIVOLUZIONE NEL PIATTO:
OLIO DI PALMA

Sull’olio di palma, la Giannini sembra avere le idee chiare. Si dice soddisfatta di trovare tanti prodotti con su scritto “senza olio di palma” negli scaffali dei supermercati. Cita lo sfacelo degli oranghi nel Borneo, e ovviamente ci parla della Nutella anche se non la cita direttamente.
Poi ricorda che per la metà è un olio saturo.

Ora, ci sono 4 punti almeno che sulla questione olio di palma andrebbero discussi.

  1. L’olio di palma non è presente solo nell’industria alimentare.

    Ma anche in quella della cosmesi e dei prodotti per la casa. Quindi andare a comprare i biscotti senza olio di palma ma poi avere shampoo, creme, lozioni e detersivi con derivati della palma non mi pare una consapevolezza di consumatore.

  2. Oggi l’olio di palma in molti prodotti è stato sostituito da altri olii.

    Il trend degli olii di semi è in salita, con una crescita del 20% nei prossimi cinque anni.  Questi olii, tra cui l’olio di girasole, sono al centro di una domanda molto elevata a fronte di una produzione che, con i soli campi di girasoli finora presenti in India, Turchia, Russia, Centro America, è critica. Ogni Paese sta cercando di massimizzare la produzione e rendere più produttive le coltivazioni. E’ questo il punto della produzione intensiva: una cosa non va più bene? Sostituiamola con altro e spremiamo la Terra con ogni mezzo.

  3. Quasi tutti gli olii che sostituiscono l’olio di palma hanno un contenuto più alto di omega6, a parte girasole alto oleico e cocco.

    Questi grassi tendono a irrancidire, sono delicati come lo sono gli omega3.
    Al contrario, l’olio di palma ha un basso contenuto di omega6.
    Quando un prodotto viene confezionato, deve essere distribuito, messo negli scaffali dei supermercati, partendo dal presupposto che in fabbrica l’olio con cui è stato fatto ci sia arrivato in condizioni ottimali. Se ogni passaggio rispetta alti standard e la materia prima è ottima, quel prodotto è sano. Altrimenti gli olii contenuti in quel prodotto si sono ossidati.
    Paradossalmente con un prodotto che contiene olio di palma il rischio si riduce.
    A questo discorso fa eccezione l’olio di girasole alto oleico, perché è più monoinsaturo dell’olio di girasole tradizionale.
    E no, i polifenoli presenti nell’olio non ci garantiscono una difesa contro il rischio di ossidazione.
    Tutto dipende dalla qualità dell’olio e dai processi di lavorazione.
    Adesso si sta provando a mutare geneticamente le piante di girasole perché i semi producano direttamente un olio alto oleico (fonte). Ma il resto? Olio di girasole normale, olio di cartamo, olio di colza… hanno un indice di stabilità ossidativa basso, dunque vuol dire che si ossidano più facilmente e producono radicali liberi.

  4. Esistono coltivazioni eco-sostenibili di olio di palma.

    Tutta l’Europa consuma circa la metà dell’olio di palma che si consuma nella sola Indonesia.
    Esistono realtà come la European Palm Oil Alliance o l’Unione Italiana Olio di Palma sostenibile che si battono per una produzione di olio di palma rispettosa dell’ambiente (e di chi lo vive). E va anche detto che l’olio di palma, rispetto ad altri olii, si ottiene con meno risorse di terra, meno fertilizzanti e risorse idriche. Queste 4 cose secondo me vanno dette perché il consumatore sappia scegliere.
    Capire per esempio che non tutti i prodotti senza olio di palma sono uguali. E nemmeno le piantagioni.
    Vediamo ora il discorso, l’ultimo, sugli allevamenti. (SEGUE A PAGINA QUATTRO)

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