Latte vegetale, fa davvero bene?

Il latte vegetale, ovvero quel latte ottenuto in teoria dall’ammollo di cereali (riso, avena, farro) o semi oleoginosi (mandorle, nocciole) o legumi (soia), piace tantissimo, al punto che la sua richiesta ha superato quella del latte animale. Sicuramente, l’idea di fare dei mix (riso e cocco, quinoa e nocciola)e di dare dei gusti (vaniglia, cioccolato) o aggiungere oligoelementi in forma sintetica (arricchito con calcio, con vitamine del gruppo B, ecc) ha fatto sì che l’offerta fosse ampia e succulenta per molti. Un’alternativa ai prodotti di origine animale è sempre vista come qualcosa di più sano.

Il punto è che, a torto o a ragione, quando si parla di vegetale, quasi nessuno va a controllare cosa ha nel piatto, e soprattutto nessuno si chiede come è stato prodotto. Il mio consiglio è di farsi il latte vegetale a casa: esistono moltissimi siti che illustrano un facile procedimento per il latte di soia o il latte di mandorla, e con un mixer non ci vuole niente a ottenere latte di mandorla e latte di nocciola o di cocco, per esempio.

Qui vi elenco ben sei ragioni per cui dovreste riconsiderare di usare il latte vegetale industriale.
1) Ha uno scarso contenuto di proteine: il latte vegetale che si trova in commercio ha uno scarso contenuto di proteine, a parte il latte di soia; questo è dovuto alla scarsa presenza del prodotto di origine, che spesso non supera il 15% del contenuto (a volte solo l’8 o il 7%, ma una bevanda molto popolare contiene il 2% del prodotto). Su questi contenuti ho utilizzato come fonti le etichette delle varie marche.
2) Ha uno scarso contenuto di prodotto: vedi punto uno. 
3) Il latte vegetale non viene ottenuto da semi o cereali ammollati a lungo e germogliati. Vi ricordate la storia dei legumi? Il legumi vanno tenuti in ammollo per otto ore almeno al fine di renderli più nutrienti. Si possono anche germogliare (io lo faccio con successo con le lenticchie) e questi stessi procedimenti possono essere fatti per i cereali (anche quelli che non prevedono ammollo vanno tenuti a bagno) e per i semi. Soprattutto se il risultato è un latte che deriva da essi, l’ammollo deve durare ore, e la germogliazione, un processo che richiede tempo, permetterebbe di ottenere un prodotto finale più nutriente. L’industria non ha tempo da perdere in trattamenti lunghi e costosi. Il prodotto viene pelato e macinato, dopodiché si procede all’estrazione con acqua calda. Niente ammollo precedente, niente germogliazione.
(SEGUE A PAGINA DUE)


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