Lo scandalo della “setta macrobiotica”

Non una dieta macrobiotica qualunque, ma l’ipotesi che dietro l’applicazione del protocollo della dieta macrobiotica Ma-Pi si sarebbe formata una vera e propria setta nella zona delle Marche, un’organizzazione che avrebbe evaso il fisco e costretto al lavoro gratuito i suoi adepti. Accuse molto pesanti senza dubbio, ma che arrivano da fonti attendibili: secondo quanto è noto adesso dalle prime notizie, c’è stata una operazione “anti-setta” del settore macrobiotico da parte della polizia di Ancona e Forlì, con l’appoggio della  Squadra Anti Sette del Servizio centrale operativo della polizia di Stato.

E ad essere indagata e “sgominata” è stata una comunità marchigiana-emiliana che basava le regole della vita dei suoi associati secondo l’alimentazione macrobiotica Ma-Pi (dalle iniziali del suo ideatore). Regole che si facevano però sempre più restrittive, non solo sotto il profilo alimentare, ma anche sociale e lavorativo.
L’ideatore della dieta, persona nota nella comunità scientifica, sarebbe anche l’imprenditore ritenuto a capo della setta.
“L’imprenditore – spiega il Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato Carlo Pinto, dirigente della Squadra Mobile di Ancona – aveva conseguito una laurea honoris causa in Mongolia, ed assoggettava psicologicamente le proprie vittime a tal punto da convincerle a versargli denaro che sarebbe servito per la costruzione di un’apposita clinica privata”. 
Chi entrava nella setta era costretto a lavorare gratuitamente, a seguire via via delle diete più restrittive secondo il protocollo (le cinque diete Ma-Pi) e veniva indotta a credere che la dieta macrobiotica facesse guarire da malattie incurabili. Peccato che, come ho già ribadito molte volte, nessuna dieta “cura” le malattie gravi.

L’indagine è durata anni, ed è partita dalla denuncia del 2013 di una ragazza, ex-vittima del capo della setta.
Al momento risultano cinque le persone indagate. 
Oltre all’evasione fiscale, a questa nota associazione sono contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, maltrattamenti e lesioni aggravate.

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