Problemi di cuore? Non bere coca cola zero

coca cola zeroProblemi di cuore? Non parlo agli innamorati, ma chi ha problemi di salute cardiovascolare. Ebbene, chi soffre di cuore non deve bere la coca cola, e soprattutto non deve berne più di una lattina media da 330 ml. Sono queste le conclusioni di un gruppo di ricercatori, che dopo l’articolo uscito sugli effetti della Coca cola zero (o light) da parte del farmacista-blogger The Renegade Pharmacist (qui il suo articolo), hanno pubblicato l’esito di uno studio di dodici anni sugli effetti che bere Coca cola zero avrebbe sulla salute. E avvertono: bere due lattine di Coca cola zero aumenterebbe al giorno il rischio di salute cardiovascolare, e in particolare aumenterebbe del 25% i rischi di beccarsi un infarto.
La ricerca è stata condotta dal celebre Karolinska Institute, in Svezia, e avrebbe coinvolto oltre 40 mila soggetti maschi per 12 anni.
Risultato? Confermando la tesi che le bevande analcoliche siano legate a pressione alta, diabete, obesità e problemi cardiovascolari, i ricercatori hanno specificato che la Coca cola zero e altre bevande analcoliche con dolcificanti aumenterebbero il rischio di infarto nel quantitativo maggiore di due bicchieri al giorno.

La British Soft Drink Association avrebbe criticato gli esiti dello studio: in realtà, i ricercatori non hanno fatto differenze nella raccolta dei dati tra il consumo di Coca cola zero e quello di Coca cola normale, per cui o in generale queste bevande aumentato il rischio di infarto, oppure una crociata contro la Coca cola zero in particolare non sarebbe giustificabile. Allo stesso tempo, gli esperti non sono riusciti a capire quale ingrediente aumenterebbe il rischio di infarto, se non è il tipo di edulcorante, limitandosi all’osservazione dei dati raccolti.

Limiti o meno, ammetterete che due lattine di Coca cola zero o due grossi bicchieri non sono un consumo esagerato, e poiché il campione preso in esame dai ricercatori è vasto, chi ha già problemi di cuore è invitato alla massima cautela non solo nel consumo di Coca cola, ma di tutte i cosiddetti “soft drinks”.